Il santuario di Sant’Antimo Prete e Martire, che sorge nel centro storico cittadino, è un monumento di fede, di arte e di storia innalzato alla memoria del santo sacerdote Antimo, martirizzato l’11 maggio 305 nella persecuzione dell’imperatore Diocleziano.
Il primo nucleo risale, secondo una consolidata tradizione, all’anno 816, quando, durante una battuta di caccia in questi luoghi, il duca bizantino Antimo di Napoli, fermatosi a riposare, ebbe in sogno il martire Antimo che gli chiese dii costruire una cappella in suo onore.
Il primitivo oratorio fu in seguito ampliato ed elevato a parrocchia. L’ampliamento portò la chiesa ad assumere un impianto architettonico a croce latina con l’altare maggiore posto ad oriente.
La facciata della chiesa è scandita in due ordini ionico e corinzio, il portale in pietra bianca (dono del duca Revertera) fu realizzato su progetto di Giulio Cesare Fontana, nel timpano è raffigurata in marmo un'Annunciazione datata 1552, anche la porta della chiesa reca una scena dell'Annunciazione datata 1621.
Internamente la chiesa è a unica navata con sei cappelle sul lato destro e altrettante sul lato sinistro.
L'abside è abbracciato da un coro ligneo e reca in alto una tela attribuita a Fabrizio Santafede, mentre gli affreschi della volta e del soffitto sono opera di Raffaele Iodice e Diego Prisco; pregevole anche la statua lignea policroma della seconda cappella a destra di un ignoto artista napoletano del 1600; nella terza cappella a destra in una teca centrale è posta una statua in legno policromo del XVII secolo raffigurante la Vergine piangente il figlio morto; gli affreschi della sesta cappella a destra furono realizzati da Raffaele Iodice nel 1934; la seconda cappella a sinistra conserva una statua raffigurante S. Biagio del XVIII secolo; nella quinta cappella a sinistra dedicata a S. Giuseppe è conservata, invece, una statua di legno del Santo risalente al 1700; nella sesta cappella a sinistra una tavola in alcune parti mutila, realizzata nel 1590 da Orazio Cassario raffigurante La Vergine con il bambino benedicente; ai lati di questo quadro quattro tele della scuola di Francesco Solimene della fine del XVII secolo.
Il campanile a sinistra della facciata fu invece realizzato nel 1950
La chiesa contiene oggi, dopo il rifacimento della prima metà del XVIII secolo, sette cappelle più il presbiterio.
Sulla base del nome inciso su una conduttura in piombo dell’impianto idrico della villa, rinvenuta nel corso degli scavi, si è risalito al nome dell’ultimo proprietario: Quitus Egnatius Taurinus, proconsole dell’Elvetico sotto l’imperatore Adriano (117-138).
L’edificio sorgeva su almeno due terrazzamenti in declivio verso il mare;il dislivello tra le due terrazze era costituito da due grandi cisterne in opera reticolata, che fungevano anche da basamento della villa.
La pars urbana della struttura, dove si svolgeva la vita dei suoi proprietari, era costituita da una serie di eleganti ambienti, tutti pavimentati a mosaico.
A nord degli ambienti residenziali si trovava il settore termale della villa e attiguo alla terme è il giardino interno della villa, il viridarium.
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